Da NOTIZIE NAZIONALI / Storie di donne: Francesca Lagatta

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Da NOTIZIE NAZIONALI / Storie di donne: Francesca Lagatta

(La foto è del fotografo Saverio Oliva)
Francesca nata giornalista, morirà giornalista
Di Valentina Roselli, redazione Notizie Nazionali
Francesca Lagatta è convinta che il giornalismo non sia stata una sua  scelta ma una vera e propria imposizione della vita nei suoi confronti,  non avrebbe saputo fare niente altro o almeno niente altro con tanta passione.
Francesca è nata a Praia a Mare, in provincia di Cosenza, 31 anni fa.  La nostra protagonista inzia già a far capire quale sarebbe stato il suo futuro mestieri alle elementari quando  scriveva i suoi temi con uno stile che nessuno le aveva mai  insegnato:  frasi spezzate,  periodi senza verbo e un linguaggio troppo diretto che bucava gli schemi della grammatica e dell’italiano arrivando dritta al punto e che lasciavano la maestra sorpresa e spiazzata.
A 13 anni, mentre le sue compagne pregavano per avere il primo  cellulare, lei  pretese un registratore per imprimere sul nastro ciò che accadeva intorno.  Finite le superiori si iscrisse alla facoltà di  sociologia prima e psicologia poi per accontentare la sua  famiglia ma alla fine smise, smise  di frequentare l’università, e iniziò a scrivere. Di tutto. Scriveva per ore, scriveva per giornate intere. Inviava pezzi a chiunque e  la sua popolarità su facebook aumentava di giorno in giorno.  Si propose anche ad alcune redazioni locali ma fu rifiutata da tutte, indistintamente.
Nonostante le porte sbattute in faccia Francesca non si scoraggiò e  continuò per la sua strada lastricata di parole , un fiume di parole che scrisse anche per condurre la battaglia a favore dell l’ospedale di Praia a Mare e fu così che venne notata da un giornalista Rai, il quale volle intervistarla in merito alla vicenda ma non solo, a fine intervista le chiese di invargli alcuni suoi pezzi per il blog che aveva appena creato. E Fu l’inizio di quella che lei chiama “la sua seconda vita”
Tra un rimprovero e un elogio, imparò che il giornalismo è semplicemente ricerca della verità e non giustizialismo, che il mondo non è solo o bianco o nero e che per dare una notizia bisogna starci dentro. Si  appassionò  al giornalismo di inchiesta, e scoprì  che essere donna in Calabria è più ostile che esserlo altrove. Cominciò a tirare fuori carte, documenti, notizie sotterrate da anni di omertà e silenzi imposti. Ci prese gusto   ogni volta che qualcuno le diceva che sarebbe  morta di lì a breve.
La sua materia diventò il  binomio sanità-‘ndrangheta, di mafiosi, di amministratori corrotti, di veleni, di mare inquinato e persino di massoneria. Proprio per le inchieste su quest’ultima è  stata nominata “Cavaliere d’Anchise” dalla loggia massonica Grande Oriente di Sicilia, titolo riservato ai massoni che occupano i più alti della massoneria, o, come nel suo caso, ai profani che si distinguono per alti meriti sociali. Sono arrivate le collaborazioni con la Spia del giornalista sotto scorta Paolo Borrometi, Radio Siani, La Spia Press, Echi dal Golfo, Diogene Moderno, Identità Insorgenti, L’Ora Siamo Noi, la Provincia di Cosenza, lo storico L’Ora di Palermo e finanche la rivista satirica Soppressatira.
Nell’aprile del 2015 affianca  la giornalista Antonella Grippo nel programma tv “Perfidia”, nel novembre successivo diventa addetto stampa e inviata per Rete l’Abuso Onlus, il più importante osservatorio dei reati commessi in ambito clericale. Un mese dopo, affiancata dalla storica firma di Repubblica, Silvia Scotti, conduce un’inchiesta su un presunto prete pedofilo affidato a una parrocchia di Civitavecchia. 48 ore dopo, il giovane sacerdote rassegna le dimissioni dall’incarico.
Lo scorso gennaio ha condotto una inchiesta presso la Curia di Napoli, anticipando di 24 ore la notizia apparsa sulle pagine de Il Fatto Quotidiano del Cardinale Sepe e dei 250 euro di risarcimento inviati ad una presunta vittima di don Silverio Mura. Alle 14 del giorno successivo, il Papa incarica Monsignor Becciu di mettersi in contatto con Diego Esposito, promettendo di aprire un processo a carico del prete accusato.
A fine agosto Francesca ha vinto  un’importante causa contro una banca, la Bcc di Verbicaro, la quale aveva chiesto, dopo uno scoop, di oscurare il suo sito internet, il sito sul quale per prima è apparsa la notizia e la sua pagina facebook. Il giudice respinge tutte e tre le richieste, cosicché il legale la cita in giudizio per diffamazione. Non solo il Tribunale di Paola sottolinea la sua professionalità riconoscendomi la correttezza del suo operato, ma costringe l’istituto di credito al pagamento delle sua spese legali e a risarcirla.
Quindici giorni fa, una tre le più importanti riviste calabresi, Infonight, la inserisce nella sezione “i Fantastici 4”, ovvero, la rubrica che seleziona, di volta in volta, i quattro calabresi che rendono lustro alla Calabria.
Lo scorso 19 ottobre, alla conferenza stampa del nuovo quotidiano di Paolo Guzzanti, Cronache delle Calabrie, viene ufficializzata la sua  collaborazione.
“Tutti questi risultati mi sono costati fatica e impegnoafferma sicura Francesca sottraendo tempo e serenità alla mia vita privata. Per questo molte volte, quando mi sono trovata nel bel mezzo delle burrasche legali ed estenuanti polemiche, ho pensato che sarebbe stato meglio trovarsi un impiego meno pericoloso e più tranquillo. I miei cari, ovviamente, erano d’accordo con me, soprattutto mio padre, che mai avrebbe voluto facessi questo mestiere. Me ne ero quasi convinta una sera, quando dopo un mio articolo su un presunto prete pedofilo, arrivò la notizia che questo era sparito, minacciando il suicidio. Provai un profondo senso di angoscia. In preda al panico pensai che non potevo addossarmi queste responsabilità e che se lo avessero trovato morto non me lo sarei mai perdonato. Basta, mi dissi, è l’ultimo articolo che scrivo. Poi ripresi lucidità e ricordai a me stessa che se lo avevo scritto avevo i miei buoni motivi, stavo cercando di evitare che altri bambini subissero abusi e violenze da quel giovanotto. E che se si fosse ucciso, sarebbe stato per via dei rimorsi che gli aveva provocato il mio articolo, e non certo per l’articolo in sé. Due ore più tardi gli telefonai, non rispondeva a nessuno, solo a me. Mi sentii certamente sollevata, ma giurai a me stessa che mai più avrei dovuto farmi influenzare dalla reazione di qualcuno. Vivo questo lavoro come una missione, cerco incondizionatamente la verità e offro voce a chi non ne ha, sto dalla parte dei più deboli e c’è troppa gente che crede in me. Non posso deluderla. Nonostante i casini di questo lavoro, le nottate in bianco, le ore sui treni e la morte che ti guarda di nascosto dietro un angolo. Nonostante i lupi che ho incontrato in questo cammino, quelli mi hanno offerto lavoro in cambio di sesso, le porte sbattute in faccia, i pianti, le delusioni, i colleghi che mi vorrebbero morta per il solo fatto che esisto, le allusioni, il chiacchiericcio al mio passaggio, i dispetti a me e alla mia famiglia, le minacce e la violazione della privacy. Niente mi potrà fermare: sono nata giornalista e morirò giornalista”.