Meridionalismo… e gli asini ragliano

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Meridionalismo… e gli asini ragliano

(Fonte foto: dal web)

di Forbidden
Quanto sono nostalgici e malinconici mentre raccontano del Sud depredato dagli avvoltoi piemontesi, facendo leva su una storia sfavorevole, ma sempre interpretabile. I loro occhi diventano languidi, mentre invitano alla rivolta contro lo Stato mangione. Come sono romantici, mentre si fanno cavalieri di uno Sturm und Drang meridionalista-neoborbonico-missino-democristiano.
Al loro banchetto possono partecipare tutti, non ci sono distinzioni di razza e di colore. Basta essere nati nella terra dei Briganti. Basta dire… qualcosa di pietoso.
Tarantelle, pasta e fagioli, salame, pane casereccio e vino d’annata. Signori cari, tremate, i meridionalisti son tornati. Tutto vero, sia ben chiaro; la storia l’abbiamo letta, studiata, dimenticata e, poi, ripresa in mano. I nordici ci hanno fatto del male, ci hanno tolto tutto, ci hanno affamato. Nessuno lo mette in dubbio, ma basta con questo piagnisteo, che ha dato vita anche a qualche partito politico, che ha raccolto tra le proprie fila il peggior populismo-catto-fascista.
La mancata emancipazione del Sud non è colpa del Nord, ma è il risultato di un continuo baratto effettuato, in epoche diverse, prima dalla nobiltà, poi dalla borghesia del nostro amato meridione. Che i piemontesi non siano stati teneri con noi, lo sappiamo. Siamo stati conquistati, ma poi, ci è piaciuto conquistare, seguendo le stesse regole. Lo Stato ha stipulato contratti su contratti con i componenti del nostro anti-stato, ossia, mafie, massoneria deviata, borghesia e democristiani.
Il Sud ha sempre avuto un ruolo in Italia, anzi, è il dominatore incontrastato. Lo sanno bene le mafie, che scorrazzano indisturbate in tutta la penisola. Più che altro, nessuno dei meridionalisti incalliti si è mai concentrato su un aspetto importante: la mentalità del Sud sempre pregna di quell’essere-agito-da-qualcosa, ovvero, da quel bisogno, che ha ognuno di noi, di qualcuno che lo protegga, che lo raccomandi a Dio e agli uomini. Il meridionale è un non-esser-ci, decapitato e castrato, che si affida all’amico, al parente, al compare e al politico; e chi non accetta il gioco è costretto a fare le valige. Il meridionale non ha mai fiducia in se stesso, e quando ne ha, prova a fottere il sistema, perché fottendo si vendica.
Il familismo amorale, locuzione che può essere tradotta con strenua difesa del proprio orticello e di coloro che lo zappano, certamente non è di foggia nordista. Questa filosofia politica, nella quale tutti hanno sguazzato e continuano a sguazzare, è retaggio del primo tentativo di meridionalismo post-bellico, intentato dal movimento de L’uomo qualunque, che fece del qualunquismo una dote di cui andare fieri. E questo ritorno al qualunquismo, che oggi usa la storia per fare politica, è becero come quello di allora.
Meridionalisti, il mondo è cambiato… per fortuna.
Basta cacciare fuori dossier e studi con i quali si certificano le dimenticanze di Roma nei confronti del meridione. Il male è qui, tra noi e va estirpato, perché ciò che ha bloccato il Sud è proprio il piagnisteo.
Senza dimenticare il fottere vendicativo.