Tirreno cosentino, prove tecniche per un 2018 diverso

0
Tirreno cosentino, prove tecniche per un 2018 diverso

Di Forbidden
 
Per il Tirreno cosentino il 2017 si chiude tra alti e bassi, ma, soprattutto, con tante speranze. Speranze che da tempo albergano nei cuori dei cittadini. Fatto sta che, anche per quest’anno siamo una delle aree più povere d’Italia, siamo senza una sanità degna di tale nome e navighiamo a vista per qualità della vita. La necessità di un cambio di rotta, sia politico, sia culturale, viene sbandierato a destra e a manca; d’altronde nel 2018 si voterà per il rinnovo delle poltrone romane, quindi, prepariamoci ad ascoltare di tutto e di più.
Vorremmo essere ottimisti, consapevoli che il cambiamento sia dietro l’angolo, ma qualcosa ci frena e si chiama apatia. Non ci crede più nessuno nella rivoluzione, proprio perché in pochi si adoperano per renderla concreta. Se davvero vogliamo un 2018 diverso dobbiamo avere uno slancio propositivo; ognuno, nel suo piccolo e nel suo campo, deve fare qualcosa.
Troppe lotte di quartiere, troppi tentativi di sabotaggio di un progetto comune per favorire pochissimi interessi individuali. Ma pensiamoci un attimo: è semplice ottenere qualche privilegio personale, non ci vogliono troppi sforzi, basta avere le amicizie giuste e il gioco è fatto; eppure, questo si ritorce sempre contro la comunità, che risponde con l’invidia sociale e l’inasprimento della guerra tra fortunati e cercatori di fortuna. Il primo passo da fare per porre fine alla povertà materiale e mentale dei nostri territori è la costruzione di un senso di appartenenza.
Se stanno bene tutti, sto bene anch’io, perché creo le condizioni ideali per una svolta democratica e meritocratica. Soprattutto, mio figlio o mio nipote non dovranno emigrare.
Il secondo passo è il seguente: c’è bisogno di una politica meno bugiarda. Troppi annunci, troppe chiacchiere, tantissime cazzate sparate in convegni, incontri e tutto ciò che si organizza. La politica deve uscire dalla logica dell’attesa, perché l’Alto Tirreno cosentino non ha bisogno di profeti o di messia, ma di uomini e donne che siano portatori di emancipazione. La filosofia va messa da parte, ci vuole l’azione.
Il terzo passo: il popolo deve uscire dalla logica tribale che ha sempre contraddistinto le nostre latitudini. O ci salviamo insieme, o finiamo tutti all’inferno. La vittoria del singolo non salva la comunità, ma genera solo guerra tra poveri.
Non è difficile capirlo, basta guardarsi intorno per tirare le somme.
Buona Natale a tutti voi.