Ospedale di Praia, centralinista cieco si ammala ma l'Asp lo ignora: «Aiutatemi»

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Ospedale di Praia, centralinista cieco si ammala ma l'Asp lo ignora: «Aiutatemi»

Nella foto, il centralinista Vincenzo Capogrosso, affetto da cecità
 
È probabile che il signor Vincenzo Capogrosso, 49 anni, cieco, di professione centralinista, non abbia legami con la politica e non porti in dote voti, perché il suo calvario, cominciato da qualche mese, è del tutto invisibile agli occhi di coloro che dovrebbero garantirgli i suoi diritti e un posto di lavoro consono alle sue condizioni. La sua storia è l’ennesimo scandalo di una sanità cosentina ormai allo sbando e senza controllo, che non tiene conto di nessuna regola se non quella dell’appartenenza politica.
Vincenzo Capogrosso arriva al Capt di Praia a Mare il 1° marzo di un anno fa, dopo 13 mesi da centralinista all’ospedale Annunziata di Cosenza. Nonostante la sua condizione di cecità, compie il sacrificio di andare avanti e indietro per 40 km al giorno, più quelli percorsi durante le reperibilità, e non se ne lamenta. Non si lamenta neppure per il fatto che nel suo ufficio manchino gli ausili per ciechi obbligatori per legge (i dispositivi vocali, per intenderci) e la macchina dattilobarile per la scrittura braille. Ma se anche ci fosse, quest’ultima, non saprebbe usarla, perché il diploma da centralinista l’ha preso quasi trent’anni fa e da allora, nonostante i requisiti che lo vedevano spuntare in vetta alla graduatoria delle assunzioni, prima di essere assunto ha dovuto attendere che si liberassero i posti assegnati agli amici degli amici e una storica sentenza a conclusione di una causa annosa ed estenuante, da cui non solo ne è uscito vincitore ma pure risarcito.
Pertanto, Vincenzo sul posto di lavoro è costretto a concentrarsi al massimo, per non sbagliare le chiamate e ottimizzare i tempi, e ricordare ogni cosa facendo necessariamente appello alla sua memoria. In pochi mesi, però, il suo corpo si ribella mandandogli il preciso messaggio che quello sforzo lo farà ammalare.
Da circa quattro mesi a questa parte Vincenzo comincia ad accusare un frequente malessere generale, cominciano i forti mal di testa, simili a quelli provocati da un forte trauma, si accorge di sentirsi spesso stanco e di cominciare a perdere la sua memoria di ferro. Nel giro di poco tempo è stremato.
Così decide di scrivere ai dirigenti dell’Asp di Cosenza per chiedere di avere le apparecchiature che gli spettano di diritto o di essere trasferito al centralino del poliambulatorio di Scalea, dove l’apparecchiatura già c’è e il posto di centralista aspetta ancora di essere occupato.
Le richieste vengono fatte nero su bianco, ma anziché le risposte arrivano solo tante pacche sulle spalle e la promessa che prima o poi qualcuno prenderà in considerazione la vicenda. Peccato che nel frattempo le condizioni dell’uomo peggiorino di ora in ora. Un certificato medico di qualche giorno fa testimonia che la cefalea gli ha provocato un’emorragia all’occhio destro.
Vincenzo chiede di nuovo aiuto, questa volta anche all’interno della struttura sanitaria praiese e la risposta è sempre la stessa: «Non ti preoccupare, ci penso io». Ma la realtà è che di lui non si preoccupa nessuno. Di questi periodi all’Asp di Cosenza hanno ben altro a cui badare.
Vincenzo si chiude in se stesso, sente che gli manca la terra da sotto i piedi. Si chiede cosa debba fare per vedersi riconosciuto un diritto e lenire il dolore e la fatica di una vita che con lui non è mai stata troppo generosa. Ma nessuno sente e la rabbia non fa altro che amplificare quel logorante senso di impotenza di ingiustizia.