Nella foto, il vescovo Giuseppe Zenti. Fonte foto: Verona In
“Queste accuse ultime nei confronti di Corradi e credo anche di altri sacerdoti appartenenti alle congregazioni Provolo nelle città argentine di Mendoza e La Plata, sono mosse dal gruppo Dalla Bernardina, in particolare da lui e da Bisoli (vittima di don Corradi), per impossessarsi forse delle belle proprietà dell’istituto in quei luoghi. Ciò anche in accordo con l’autorità amministrativa del posto”.
è solo un passaggio della querela di tre pagine che il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, ha depositato contro gli ex allievi dell’istituto veronese Antonio Provolo e l’Associazione Sordi Provolo in data 14 febbraio 2017.
In un’esposizione grottesca, che deve aver fatto sorridere anche l’ufficiale a cui è toccato raccoglierla, il vescovo Giuseppe Zenti, nell’accusare di diffamazione quello che lui chiama “gruppo Dalla Bernardina”, racconta una sua ricostruzione dei fatti piuttosto singolare.
Il suo racconto inizia intorno all’anno 2007 quando l’associazione degli ex allievi del Provolo (guidata da Giorgio Dalla Bernardina) si rivolge a lui chiedendo di intercedere per l’uso di alcuni locali dell’istituto nei quali gli ex allievi potessero riunirsi, richiesta nella quale i sordi avrebbero minacciato “che altrimenti li avrebbe accusati di pedofilia”. Zenti non rispose mai a quella richiesta.
Va ricordato che intorno all’anno 2008, la lunga scia di abusi del clero cattolico partita nel 1999 dagli Stati Uniti, raggiunse anche l’Europa e si cominciò, anche sui giornali italiani, a parlare del fenomeno. Zenti infatti, dopo la richiesta degli ex allievi, è proprio nel 2008 che colloca come un complotto dei sordi – a quella sua non risposta – l’inizio delle ritorsioni, che a suo dire sarebbero consistite nel far emergere, sulla stampa, le molestie subite dagli ex allievi sordi.
È proprio in un passaggio della querela che Zenti, riferendosi ad una conferenza stampa da lui convocata nel 2008 per difendere dalle accuse di molestie il suo predecessore – mons. Giuseppe Carraro – afferma che “Nel corso di essa spiegai anche del colloqio descritto con Dalla Bernardina. Ricordo in specie che mi fu chiesto, alla luce dei potenti fari televisivi e a bruciapelo, se considerassi quelle richieste un ricatto e risposi di si”.
A conferma dei suoi sospetti vi è il fatto che seguirono diversi approfondimenti giornalistici sul caso. Ma un’altra prova che, secondo Zenti, smentirebbe gli abusi è il fatto che gli ex allievi sordi “riferivano di essere stati sodomizzati, parola a mio avviso difficile a riprodursi da un sordomuto” di qui l’ovvia deduzione che se non sai riprodurre una parola, non puoi neppure aver subito quello che la parola significa …
Stesse pittoresche conclusioni anche per quanto riguarda le accuse di molestie avanzate da Gianni Bisoli nei confronti di monsignor Giuseppe Carraro: secondo Zenti, infatti, dopo la commissione d’inchiesta presieduta dal dottor Mario Sannite, le accuse di Bisoli furono qualificate – devo dire con gran eleganza – nella sentenza “come una costruzione mentale tipica di un praticante omosessuale, cioè destituita di ogni verità”.
Per Zenti, la conclusione con la quale concorderebbe anche l’attuale Rettore dell’Istituto Provolo, don Robert Frainer, è appunto che “Queste accuse ultime nei confronti di Corradi e credo anche di altri sacerdoti appartenenti alle congregazioni Provolo nelle città argentine di Mendoza e La Plata, sono mosse dal gruppo Dalla Bernardina, in particolare da lui e da Bisoli, per impossessarsi forse delle belle proprietà dell’istituto in quei luoghi. Ciò anche in accordo con l’autorità amministrativa del posto”.
Affermazione quest’ultima molto grave, per la quale, attraverso i canali diplomatici, è stata messa a conoscenza anche l’autorità amministrativa argentina sotto accusa.
La Procura della Repubblica di Verona ha archiviato la querela del vescovo Zenti nei confronti del “gruppo Dala Bernardina”. Parallelamente fu archiviata anche la sua posizione rispetto all’ipotesi di favoreggiamento riguardo al sacerdote Nicola Corradi: ipotesi che, nell’archiviazione, indica vada addebitata alla Congregazione e attesta che don Nicola Corradi “si trasferì (o fu fatto trasferire?) in quel paese (l’Argentina) nel gennaio del 1970. In quella data, quando ancora Zenti non ricopriva la carica di vescovo in Verona, avrebbe dovuto effettuarsi un oculato controllo sulla sede presso la quale il sacerdote sarebbe stato destinato, alla luce delle sue tendenze pedofile, all’epoca già note all’interno della congregazione”.
Nella richiesta di archiviazione, smontate anche le accuse di Zenti nei confronti degli ex allievi che, secondo la Procura, “deve rilevarsi l’assoluta assenza di malafede da parte dei ‘detrattori’ della curia in quanto gli stessi, a fronte di certi e documentati atti di raccapricciante pedofilia commessi da parte di sacerdoti dell’istituto sui bambini sordomuti affidati alle loro cure (vedasi le testimonianze delle vittime, le confessioni rese da don Piccoli in un’intervista registrata, e vedasi anche le ammissioni effettuate dalla medesima curia) hanno ritenuto in buona fede di ravvisare una responsabilità penale nei confronti del vescovo di Verona ai sensi dell’articolo 40 2° c cp. “
di Francesco Zanardi