Il dramma dei rifugiati siriani in 'Kajin e la tenda sotto la luna': intervista alla coautrice Tania Paolino

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Il dramma dei rifugiati siriani in 'Kajin e la tenda sotto la luna': intervista alla coautrice Tania Paolino

Nella foto, la copertina del libro “Kajin e la tenda sotto la luna”, di Tania Paolino ed Enzo Infantino
 
Tania Paolino (nella foto insieme al coautore Enzo Infantino) è una docente, giornalista e scrittrice calabrese, nonché attivista per la tutela dei diritti umani e la  salvaguardia dell’ambiente. Originaria di Santa Domenica Talao, da anni vive a Santa Maria del Cedro e insegna Filosofia e Storia al liceo “P. Metastasio” di Scalea. Già coautrice di un saggio di storia locale intitolato “Santa Domenica, da feudo degli Spinelli a terra di briganti”, di recente ha pubblicato la sua seconda fatica letteraria, composta a quattro mani con Enzo Infantino, anch’egli calabrese e noto attivista per la tutela dei diritti umani. L’opera, edita da Luigi Pellegrini Editore, si chiama “Kajin e la tenda sotto la luna” e, com’è riportato in copertina, racconta storie di rifugiati siriani in territorio greco, dove Infantino ha vissuto per qualche tempo, precisamente a Idomeni e negli altri insediamenti governativi. Qui è riuscito ad accaparrarsi la fiducia di due famiglie curdo siriane, grazie alla quale si è dato il via a una rete solidale che ha legato indissolubilmente la Calabria alla Grecia in termini di supporto. La presentazione del libro è affidata al giornalista Arcangelo Badolati, mentre la prefazione porta la firma di Gioacchino Criaco.
La nostra intervista a Tania Paolino.
 
D. Tania, quando nasce l’idea di scrivere “kajin e la tenda sotto la luna” e perché
R. «Poco più di un anno fa, intervistai Enzo Infantino telefonicamente per un articolo che sarebbe uscito su Cosenzainforma.it in merito a una manifestazione organizzata a Cosenza dall’Ass. Calabria per Idomeni. Nel corso della chiacchierata – non ci conoscevamo ancora personalmente – Enzo mi raccontò delle sue numerose esperienze nei campi profughi, in particolare quelli greci, descrivendomi le dure condizioni, in cui migliaia di persone erano costrette a vivere, nella totale indifferenza dell’Europa, che aveva chiuso la rotta dei Balcani stipulando un patto scellerato con la Turchia. Immediatamente ebbi la percezione che queste storie bisognava farle conoscere, per rendere giustizia a chi fuggiva dalla guerra e sperimentava politiche di esclusione, perché a farne le spese più grosse ancora una volta erano bambini, donne, anziani. Sono riuscita a convincere Enzo a scrivere un libro su questo, un libro che è nello stesso tempo denuncia politica e progetto solidale: tutto il ricavato sarà utilizzato, infatti, per la ricostruzione di una scuola ad Afrin, Siria, paese dal quale proviene la maggior parte dei protagonisti».
 
D. Quale sentimento l’ha accompagnata durante la stesura del libro?
R. «Enzo Infantino è stato capace di trasmettermi tutti i sentimenti che lo avevano spinto, prima, nelle sue missioni solidali e, poi, nello stringere amicizia con alcuni curdi siriani, che ha sostenuto quando erano nei campi profughi greci, affiancandoli anche nel loro percorso di relocation. E’ una persona straordinaria, che è stata  in grado di creare una rete di solidarietà in Calabria e oltre, portando aiuti umanitari ma, soprattutto, tanta vicinanza e amicizia vera con quelle persone che chiama “fratelli”. In lui, e quindi anche in me, c’erano rabbia per il cinismo di certe politiche europee, la volontà di equilibrare i torti subiti da queste persone e tanta emozione, naturalmente, anche perché sia lui che io abbiamo messo nel racconto esperienze personali, alcune delle quali ci accomunano».
 
D. Qual è il rapporto che la lega a Enzo Infantino?
R. «Un rapporto di grande empatia sin dall’inizio. Inoltre, di fiducia e identico sentire, perché, come dicevo prima, ci legano impegni e interessi comuni. Non avremmo potuto scrivere questo libro, se così non fosse stato. Ora condividiamo questo viaggio e questo progetto, che speriamo di realizzare. È forse un obiettivo ambizioso, probabilmente solo un tassello di un grande mosaico, ma contiamo sulla sensibilità dei lettori e di quanti vorranno sostenerci e affiancarci».
 
D. Da alcune settimane siete impegnati nel tour di presentazione del libro. Qual è la prossima tappa?
R. «Il 6 aprile saremo a Roma, ospiti del Comitato Palestina nel cuore, poi a Palmi, il paese di origine di Enzo, Praia a Mare e altri appuntamenti. Davvero siamo commossi per l’interesse che il libro e il progetto solidale stanno riscuotendo, vuol dire tanto per noi che c’abbiamo creduto e per i nostri amici curdi, i quali sanno di avere dalla loro parte tanta gente per bene».
 
D. Docente, giornalista e scrittrice. Chi è ancora Tania Paolino?
R. «Sono io. Non saprei qualificarmi. Posso solo dire di essere stata particolarmente sensibile alle ingiustizie  e di sognare di fare qualcosa di costruttivo a favore di chi soffre, degli ultimi della società, sin da piccola. Questo il senso del mio impegno sociale e politico, e forse anche del mio mestiere di insegnante e dell’attività giornalistica. Ma c’è gente migliore di me in giro, davvero, come Enzo e tutti gli altri volontari, che, in maniera più e meno anonima, si prodigano per aiutare chi è meno fortunato di noi in ogni parte del mondo».
 
Ha già in mente altri progetti editoriali? Se sì, quali sono?
R. «È  prematuro parlarne adesso. Ora puntiamo su questo lavoro e sul progetto, sperando che la guerra in Siria finalmente si concluda, e con essa ogni altro conflitto. Sono tante le ferite al momento aperte nel mondo, c’è molto da fare ancora e ovunque; riuscire a sensibilizzare, a guardare con occhi diversi la realtà,  spostare l’attenzione dalla parte degli ultimi, superare gli egoismi e il qualunquismo dilaganti, leggere i fatti con occhi critici, ecco, ottenere questo con il libro, sarebbe per noi già un buon risultato».