Rapporto Istituto Superiore della Sanità, nella ‘mappa dei veleni’ anche Tortora e Scalea

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«I siti contaminati rappresentano un importante fattore di rischio per la salute umana. Su impulso del European
Centre for Environment and Health di Bonn, parte dell’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS (WHO European
Regional Office), sono state sviluppate metodologie per valutare lo stato di salute delle popolazioni che risiedono nei
siti contaminati». È in sostanza questo il lavoro contenuto nel rapporto “riservato” Istisan, la cui pubblicazione è datata maggio 2016 ma che solo negli ultimi mesi ha trovato spazio sulla stampa, come ad esempio La Gazzetta del Sud nel febbraio scorso.

 

Si tratta di un importante “Studio epidemiologico dei siti contaminati della Calabria” in cui si evidenziano obiettivi, metodologia, fattibilità, messo a punto da Pietro Comba e Massimiliano Pitimada per conto del Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria e che mette in risalto «un territorio deturpato dall’elevato numero di discariche e zone d’abbandono rifiuti. Una miriade di piccole e grandi discariche hanno concorso a determinare una commistione di inquinamento di suolo e acque oltre che a contribuire al degrado del paesaggio».

Dopo un attento censimento di 696 pattumiere potenzialmente contaminate, i siti definiti ad alto rischio dalla Regione Calabria sono in tutto 18, di cui 2 ricadono nella provincia di Catanzaro, 8 nella provincia di Reggio Calabria, un solo un sito nella provincia di Vibo Valentia. Quelle della provincia di Cosenza sono 7 e tra queste si annoverano le cittadine altotirreniche di Tortora e Scalea.

Come fa notare la Gazzetta del Sud, lo studio mette in evidenza un altro aspetto agghiacciante di una vicenda già riprovevole di per sé: «La forte connessione tra la criminalità organizzata e il degrado ambientale è stata ampiamente dimostrata in sede sia investigativa che giudiziaria».

A pagina 51 delle 143 in formato pdf (che potete consultare cliccando QUI) è scritto testualmente:

“I 7 siti in provincia di Cosenza sono: Cariati, Cassano allo Ionio (incluso anche nel SIN), Firmo, Laino Borgo, Lungro, Scalea e Tortora. Tutti, tranne Cariati che ricade nel Sistema del Marchesato crotonese, ricadono nel Sistema del Massiccio del Pollino. Cariati fa parte della ”Unità di Paesaggio” 8.7 del sistema del Marchesato crotonese. Area a pendenza variabile compresa tra la linea di costa e i 600 m s.l.m. e caratterizzata da un ampia pianura costiera formata per lo più da terreni alluvionali argillo-sabbiosi. Zona prevalentemente a scarsa vegetazione con presenza nella parte interna di boschi di farnetto e rovere nonché rimboschimenti a pino ed eucalipto. Anche se si ritrovano numerose aree destinate alla produzione olivicola e vitivinicola, la coltura cerealicola è prevalente con coltivazioni fruttifere lungo i letti dei fiumi. L’urbanizzazione è sviluppata lungo la costa e in pochi Paesi nella fascia pedemontana. Medesima situazione per Firmo, ricadente nella stessa “Unità di Paesaggio” e Sistema di Cassano e Cerchiara. Laino Borgo e Tortora, entrambi nell’“Unità di Paesaggio” 11.5, con area a pendenza variabile compresa tra i 1.000 m e i 1.462 m s.l.m. caratterizzata da rilievi montuosi piuttosto aspri, isolati, con cima aguzza e separati da profonde e tormentate valli. I fiumi Noce e Lao, caratterizzati nel loro corso superiore da strette valli, si allargano in prossimità del mare nelle pianure un tempo paludose e bonificate da oltre cinquant’anni. Dal punto di vista biotico, le pendici meridionali dei rilievi sono talvolta nude e spesso caratterizzate da gariga fino a quote piuttosto elevate. I versanti settentrionali sono caratterizzati da boschi misti in cui sono presenti soprattutto roverelle, aceri e ontani napoletani. A quote meno elevate è presente la ginestra. Aree interne interessate da pascolo e bosco ceduo mentre vicino ai centri abitati prevale l’agricoltura. La presenza umana è molto limitata nelle zone centrali dell’area, manifestandosi con rare masserie e capanni. I pochi centri presenti (Tortora, Aieta e Papasidero) sono quasi spopolati”.

Meno di dieci giorni fa le acque tortoresi, in barba agli studi scientifici, sono state insignite della bandiera blu.