La morte corre sulla ss18: l’anemometro e i semafori che ci sono ma non esistono – prima parte

L'anemometro installato al centro del viadotto Canal Grande, a San Nicola Arcella

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La morte corre sulla ss18: l'anemometro e i semafori che ci sono ma non esistono - prima parte

Furono installati agli inizi degli anni 90 e sarebbero dovuti servire ad evitare tutti gli incidenti che invece poi si sono verificati sui due principali cavalcavia che collegano Praia a Mare e San Nicola Arcella, a causa dei forti venti e delle intemperie che, in condizioni particolarmente avverse, rendono quei tratti di strada letteralmente impraticabili. E invece a pochi mesi dalla loro entrata in funzione, l’anemometro installato sul viadotto Canal Grande, ricadente nel territorio di San Nicola Arcella, e i semafori ad esso collegato, smisero di funzionare, forse a causa di un atto vandalico. L’anemometro è uno strumento per la determinazione della velocità e della direzione del vento, che quando supera determinati standard dovrebbe inviare il segnale alle lanterne semaforiche, le quali, a loro volta, dovrebbero illuminarsi di rosso e segnalare agli automobilisti in arrivo la presenza del pericolo, e giacché si trovano in prossimità di un incrocio, suggerire di percorrere una via alternativa o di sostare senza creare altri pericoli affinché non ci si addentri nella burrasca ventosa.

 

Qualche anno dopo, le loro funzioni furono collegate ai dispositivi elettronici montati nella casa cantoniera dell’Anas, riconoscibile dal tipico colore rosso all’inizio di uno dei due lati dell’ennesimo medesimo viadotto. Ma quando i macchinari smisero nuovamente di funzionare, nessuno li ha mai più riparati o sostituiti con più avanzate tecnologie. Il risultato è che a ogni vento di tramontana che soffia, complice la vallata a est, i veicoli in transito, soprattutto i mezzi pesanti, molto spesso si ribaltano, provocando doppio pericolo, per sé e per gli altri. Il motivo è presto detto. Oltre al rischio per la propria incolumità, l’altro pericolo, sia per il viadotto Canal Grande che per quello di contrada Tufo, è rappresentato dalla difficoltà dei soccorsi. Quando infatti si verifica un incidente lungo uno dei due tratti, anche per gli uomini delle forze dell’ordine e gli operatori sanitari il ponte diventa l’inferno in terra. Anche solo aprire la portiera delle auto o delle ambulanze è un tiro alla roulette russa: non sai mai quello che può accadere, tanto più se sei a una cinquantina di metri di altezza. Peggio ancora se chi ha l’obbligo di intervenire è costretto a recarsi sul posto a piedi.

Ma se da un lato l’Anas sembra aver ignorato e dimenticato totalmente la questione, da anni, la politica dal canto suo non sembra essersi scomodata più d tanto. Anche quando la fredda cronaca dei fatti imporrebbe meno vesti stracciati e più azioni concrete. Quando invece basterebbe semplicemente riattivare i dispositivi.

L’inchiesta sui pericoli della Ss18 nel tratto alto tirrenico cosentino continuano nella seconda parte dell’inchiesta.

di Francesca Lagatta

 

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