«Non voglio più essere un cittadino Praiese, non resto più in silenzio»: la lettera shock di un cittadino

Nella foto di copertina Angelo Rocco

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«Non voglio più essere un cittadino Praiese, non resto più in silenzio»: la lettera shock di un cittadino

LA PREMESSA – Angelo Rocco ha 47 ed è un cittadino praiese. È sposato e padre di due figli, attualmente ha un impiego saltuario dopo un lungo ed esasperante periodo di disoccupazione. A poco più di 40 anni Angelo si era ritrovato dalla sera alla mattina senza un lavoro e una famiglia da mantenere. All’inizio Angelo è sprofondato nell’angoscia, ma poi con la sua tempra è riuscito a risollevarsi e ridare un futuro ai suoi figli. Per un periodo è emigrato al nord, lontano dai suoi cari, in cerca di lavoro che aveva anche trovato, ma la lontananza dai suoi affetti ha complicato le cose al punto da non dargli tregua, finché non è ritornato tra le rassicuranti mura di casa. Nella città dell’isola Dino Angelo non ci è solo nato e cresciuto, qui ha anche provato nel tempo a cambiare le cose sia da libero cittadino che da attivista politico, ruolo che lo ha portato a candidarsi per ben tre volte come consigliere comunale. Ma i cambiamenti non sono mai semplici, soprattutto se devi scontrarti con una cultura politica radicata e la figura storica di un sindaco 77enne che la città di Praia a Mare non vuole cambiare forse per timore, forse per riverenza o per riconoscenza. Ma Angelo non ce la fa più e tradendo la sua proverbiale riservatezza ha deciso di consegnare alla redazione La Lince una lettera che suona quasi come un grido d’aiuto. Di certo è il campanello d’allarme di una ribellione che non può più aspettare. 

 

 

LA LETTERA DI ANGELO ROCCO

“Bene, se questa è oggi Praia io non sono più un Praiese, mi fa pena esserlo, me ne vergogno e non lo voglio più essere e chiedo a ognuno di voi se vuole essere Praiese o se si accontenta di esserlo “per caso”. Perché oggi, nelle condizioni in cui si trova il nostro paese per causa della scellerata conduzione del Comune, un cittadino Praiese può continuare a definirsi tale?

Spiegatemelo.

Bene, a me la Praia a Mare di oggi fa letteralmente pena. Sì, pena. Consapevolmente pena, per cui tale consapevolezza non può che farmi trarre le necessarie conseguenze dal mio “romanzo di formazione”: non voglio più essere un Praiese.

Praia è un paese fondato sulle famiglie, le cordate, il disastro burocratico, l’inefficienza tecnologica, il dissesto idrogeologico, l’obsolescenza delle infrastrutture, la criminalità organizzata, la malapolitica, il non mantenere mai la parola data, l’abbandono delle forze dell’ordine, l’evasione fiscale, il banditismo in ogni settore pubblico e privato, il ricatto, l’estorsione, il pettegolezzo, la distruzione della scuola pubblica in ogni sua forma, l’abbandono dei nostri beni culturali, l’ingessatura del mondo del lavoro, il precariato straccione, un sindaco ottocentesco vecchio, logoro, sfiancato e un nepotismo sfrenato in ogni settore pubblico e privato, e potrei continuare per pagine e pagine.

Beh, direte: e chi se ne frega? Problema tuo, no? Forse, ma per esserne sicuri credo se ne debba parlare per il semplice fatto che questa mia tesi presuppone una domanda che potrebbe riguardare una platea più ampia: perché dovrei esserlo? Perché dovrei essere Praiese? Perché dovresti essere Praiese?

Iniziare un discorso da una condizione soggettiva è sempre molto pericoloso. Le possibilità di essere vilipeso, sbeffeggiato, “satirizzato”, “ironizzato” sono altissime, e forse anche legittimi. Tuttavia, siccome mi è concesso questo privilegio di poter scrivere e parlare, correrò i miei rischi.

Ricordo che un mio professore mi consigliava di dichiarare il proprio punto di vista prima di esporre qualunque tesi. Ben detto, ed ecco qua il mio punto di vista: nel mio personale “romanzo di formazione” il concetto di “Praiese”, così come quello di “Nazione”, “Patria”, “Identità”, hanno sempre avuto un ruolo marginale se non nullo. Diciamo che il mio trovarmi qui “per caso” ha fatto e fa di me un cittadino formalmente Praiese, ma nulla di più. Diciamo che, per utilizzare un termine desueto e che farà irritare molti, mi sono sempre sentito “internazionalista” o, per essere contemporanei, “globalista”, nonché “cosmopolita”.

L’anima di Praia non si potrà salvare finché si continuano a distruggere le più radicate speranze degli uomini Praiesi. E così, quelli fra noi che sono ancora convinti che “Praia a Mare deve esistere” devono incamminarsi sul sentiero della protesta e del dissenso, lavorare per la salvezza della nostra terra.

Praia, che è il paese più ricco e il più bello della costa tirrenica, in una rivoluzione dei valori potrebbe certo fare da battistrada. Niente ci può impedire di usare le mani ferite per plasmare una situazione precedente fino a trasformarla in realtà.

Diremo che siamo troppo svantaggiati in partenza? Diremo che la lotta è troppo aspra? Oppure ci sarà un messaggio diverso: di desiderio, di speranza, di solidarietà con le loro aspirazioni, di impegno verso la loro causa, a qualsiasi costo? Tocca a noi scegliere, e anche se forse preferiremmo che non fosse così, dobbiamo scegliere ora, in questo momento cruciale della storia del nostro paese.

Mandiamo a casa sindaco, assessori e consiglieri comunali.

Chiedo all’amministrazione comunale (consiglio, giunta e primo cittadino) di dimettersi, avviando le procedure per una nuova consultazione elettorale. Il paese è in ginocchio, non può pagare gli errori di una amministrazione assente, slegata dai problemi comuni, alla difficoltà reale di convivere con un degrado inaudito, che parte da lontano ma trova massima continuità ed espressione nel presente. Le difficoltà economiche, l’incapacità di programmare, di progettare e di offrire rimedi, hanno fatto venire meno ogni servizio pubblico e condizionato notevolmente la vivibilità di un paese in continua emergenza. I danni subiti con le ultime ordinanze fatte dal Sindaco Antonio Praticò, che non sa più cosa inventarsi per distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti del suo Governo, sono stati la scintilla di un malumore diffuso. I fallimenti amministrativi sono tanti, la raccolta dei rifiuti, il verde pubblico, l’inquinamento ambientale, le politiche sociali, la viabilità, la sicurezza, le politiche commerciali, l’aumento dei tributi, la mancanza delle politiche giovanili, del sostegno sociale, l’abbandono delle classi bisognose e dei diversamente abili. Da non sottovalutare il mancato restyling del nostro cimitero e la pulizia dei tombini. Senza dimenticare che in tema di salute dei cittadini, la chiusura del nosocomio con quella falsa inaugurazione fatta a settembre di un anno fa, è un disastro sulla pelle della comunità. Io come libero cittadino, libero da condizionamenti di parte, da bandiere o motivazioni diverse, invito l’amministrazione a rimettere il mandato nelle mani della comunità praiese e lo faccio attraverso questo messaggio che condizioni, moralmente e politicamente, i rappresentanti dei cittadini. La politica è una missione, una delega ed un nobile modo di rappresentare le istanze dei cittadini, non è un mandato da sostenere se a pagare i tanti fallimenti è la collettività.

Tutte queste prove di lungimiranza hanno segnato la vita di noi non più giovani caro Sindaco. Prove che molti miei amici hanno dovuto provare sulle proprie spalle lasciando il proprio paese. A tal proposito sento spesso parlare delle persone che non vivono in pianta stabile a Praia, e ogni volta denoto che quando si parla di essi è quasi come se si tendesse a descriverli come i “pie noir” di Francia, come coloro che hanno abbandonato la nave!

A me preme fare chiarezza su questo aspetto poiché chi parte da Praia a Mare parte sicuramente per soddisfare una o più necessità proprie. Questo è l’elemento su cui ci dobbiamo soffermare. Quando si parla di necessità non si parla solo di necessità economiche, ma bensì la necessità di confrontarsi con realtà diverse, con persone diverse. Il confronto è CRESCITA… E la necessità di crescere. Le posso assicurare caro Sindaco, che i praiesi che hanno lasciato il paese sono un onore per Praia. E lei signor Sindaco cosa ha mai fatto??? Ha mai pensato di attingere a tale fonte, ha mai messo da parte il proprio EGO per chiedere uno stimato consiglio a questi professionisti???

Spesso per noi cittadini ottenere una risposta è impossibile”. Un anno fa avevo chiesto al sindaco ed a un suo assessore del perché ad oggi non è stata data spiegazione alcuna sulla frase “basta Mario, basta che ti conviene”, urlata nel bel mezzo di un convegno alla presenza di due parlamentari. Non può un sindaco quale ufficiale organo del governo baypassare su questa vicenda. Si tratta di un atto pubblico e come tale è doverosa una spiegazione, e non una gentile concessione, è un dovere! Ancor più che vede come protagonista il padre di un suo assessore. Io non avrei mai consentito che venisse rivolta a mio padre una frase minatoria del genere e con quel tono. Quelle parole sono state fortemente lesive dell’onore, del decoro, dell’immagine di tuo padre. Caro assessore se un uomo non è disposto a lottare per la sua famiglia e per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui.

Non avevo mai vissuto niente di simile a quello che stiamo tutti quanti oggi vivendo. Un disorientamento così assoluto, una perdita repentina di ogni punto di riferimento. Una classe politica che ha rinunciato ad occuparsi di fare il proprio dovere e si chiude dentro un recinto ogni giorno sempre più esiguo, che canta vittoria quando ha dentro una minoranza che ottiene la maggioranza.

Sarà forse la perdita del lavoro o non trovare il lavoro l’origine del vortice di frustrazione, disillusione e paura che mi ha condotto fin qui a scrivere questo. No cari amici, No. Non c’è altro da fare, oggi, che non sia dare voce a chi non ha voce. È quello il punto di rottura, il luogo in cui sparisce la solidarietà e il sentimento di condivisione che è alla base dell’idea di democrazia. Perché se non hai, di cosa vivere, ogni vicino è tuo nemico. Se non hai dignità, non hai niente altro di altrettanto prezioso da perdere, e vale tutto allora. Vale la legge della giungla. Che tu abbia vent’anni o cinquanta, non importa.

Praia a il colore della rabbia: la geografia esatta del disamore per chi ti ha promesso e poi negato, per chi ti ha illuso, per chi sa solo chiederti e mai dare, per chi sa cosa ci stanno facendo, voi che lo fate e voi che guardate in silenzio, i colpevoli e gli indifferenti, i padroni, i politici e i sindacati. Voi che pensate solo a voi stessi e non ci ascoltate.

Il mio grido, il vostro grido, non deve arrivare fragilmente perché non porta da nessuna parte, consuma solo, ma deve arrivare come un uragano lo devono sentire tutti. Il nostro grido ha molti colori e molte voci, tutte sincere. Il nostro grido è giusto. Ha quasi sempre ragione ma non sa diventare indignazione. Ecco, dipende tutto da dove vogliamo arrivare, in quanti, sono disposti a mettersi in gioco.

Non resterò più in silenzio.

Ci sentiremo presto”.

                                                                                                                                    Angelo Rocco, cittadino di Praia a Mare

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