Fabio Ceravolo, la favola del campione calabrese che ha trascinato il Benevento in Serie A

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Fabio Ceravolo, la favola del campione calabrese che ha trascinato il Benevento in Serie A

(Nella Foto, Fabio Ceravolo in uno scatto di Mario Taddeo – Photoagency)
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Nel mondo del calcio non è mai facile trovare spazio soprattutto per chi vive al sud e risiede lontano dalle grandi piazze calcistiche. Ma i sogni, quando non si smette di crederci, non sono mai troppo grandi.
Lo sa bene Fabio Giovanni Ceravolo, nato a Locri, classe 1987, giocatore soprannominato “la belva” «grazie alla sua capacità di attaccare gli spazi e imporre il proprio fisico per proteggere la palla».
Cresce nelle giovanili della Agesidamo Locrese fino a quando non approda alla Reggina, che ne intravede le qualità aggregandolo alla prima squadra già nella stagione 2004-2005. Il talento c’è e si vede: nella stagione successiva debutta in Serie A, totalizzando 6 presenze.
Dopo l’esperienza in Lega Pro e serie B, in cui milita per due anni, nell’estate 2007 torna alla Reggina per volere di Massimo Ficcadenti. Il gol d’esordio nella massima serie è datato gennaio del 2008 durante il match con l’Empoli.
Nel 2009 passa all’Atalanta, dove segna anche contro la Juventus, prima di subire una serie di infortuni che lo costringeranno a una brusca frenata per la carriera. Ma da buon calabrese Fabio non si arrende e viene ingaggiato al Terni, dove nel campionato sfiora il tetto dei 30 goal.
La svolta, forse quella più importante, arriva l’8 luglio dello scorso anno: Ceravolo firma con il Benevento, fresca di promozione in Serie B. Nella squadra di Marco Baroni l’entusiasmo è alle stelle ma tutti sanno che la stagione 2016-2017 sarà di transizione, da giocare più in difesa che in attacco. Ma Ceravolo in campo è un razzo, pardon, una belva, e in 39 presenza segna 20 reti, risultando secondo nella classifica marcatori stagionale. Ai play-off i campani ci mettono il cuore e, seppur con grande sacrificio, il Benevento ottiene in men che non si dica la promozione in Serie A. Lui che in una vecchia intervista si definiva un pittore “pop art”, la tela più bella l’ha disegnata proprio in campo.
Di seguito le 20 perle della “belva”.