Papasidero, crolla il ponte costruito 17 anni fa: un dramma annunciato da tempo

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Papasidero, crolla il ponte costruito 17 anni fa: un dramma annunciato da tempo

Crolla il ponte “Stefano Gioia” (qui in un’immagine pubblicata da Qui Cosenza) dopo le ultime avvisaglie lanciate da abitanti e compagnie di rafting
 
Come era prevedibile, il ponte di legno intitolato “Stefano Gioia” è crollato. La struttura è ceduta alla vigilia dell’Immacolata, come si sospettava da tempo, a causa delle precarie condizioni in cui versava dovute all’umidità e al cattivo tempo. Infatti, tutti gli abitanti erano a conoscenza della triste situazione e temevano l’avverarsi di quello che purtroppo si è verificato. Le travi che lo sostenevano si sono spezzate e i componenti pezzi sbriciolatisi sono finiti nel fiume Lao. La fine della struttura era prevista già da molto tempo, al punto che a fine agosto, il Comune di Laino Castello, in misura preventiva aveva deciso di chiuderlo alla circolazione. Una decisione che anticipava la necessità di un intervento manuale alle fondamenta, come opportunamente veniva descritto nel provvedimento della chiusura. Putroppo però, è mancato il tempo giusto per intervenire in breve periodo, fatto aggravato da una burocrazia altrettanto lenta. I fattori in questione hanno causato ciò che si era temuto costringendo la struttura ad una “sofferenza” silente, passata del tutto inosservata. Il ponte fungeva da collegamento tra i comuni di Papasidero e Laino Castello ed era stato costruito nel 2000 dal Consorzio di Bonifica del Pollino.
Il nome del ponte era stato attribuito ad una guida turistica di Laino Borgo, tristemente scomparsa all’età di 32 anni in un fiume del Cile. La ragazza era un’esperta di guida di rafting ed è morta il 5 gennaio del 2010 nel fiume Futaleufù. Nello stesso anno e nel mese di settembre si svolse l’evento dell’attribuizione del nome al ponte.
Quest’ultimo aveva la funzione di unire la località Campicello di Laino Castello con la contrada Nuppolara presente a Papasidero, situata a pochi chilometri dalla grotta del Romito dove è custodito il Bos Primigenius. L’avverarsi dell’accaduto era stato sottovalutato per mezzo del materiale resistente di cui era composto, il legno, il quale però aveva bisogno di interventi dedicati alla sua cura e manutenzione. Tuttavia, non sono serviti a nulla, le segnalazioni effettuate dagli abitanti della zona e dai gruppi di rafting che utilizzavano la zona indicata.
Un fatto spiacevole che poteva essere evitato.
di Benedicta Felice

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