La disperazione di Magorno a una settimana dal voto, tra intimidazioni e «scomposte minacce»

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La disperazione di Magorno a una settimana dal voto, tra intimidazioni e «scomposte minac

Nella foto, Ernesto Magorno. Fonte foto: L’Altro Corriere
 
Ernesto Magorno è agitato come non mai. A sette giorni da quella che sarà probabilmente la figura politica più barbina di sempre, il leader dem, che è riuscito a sfasciare un partito regionale tra i più forti di sempre in termini di consenso, non trattiene più il nervosismo e caccia fuori tutto il peggio di sé, lasciando prendere forma a tutta la sua disperazione. Anche i compagni di partito, che hanno dovuto subire inermi la sua “promozione” a candidato al Senato, ormai lo attaccano pubblicamente e senza remore.
D’altronde «ognuno accetta il Magorno che pensa di meritare». Non lo diciamo noi, ma il reggino Massimo Canale, volto pulito e dirigente del Partito Democratico calabrese, che due giorni fa ha espresso pubblicamente il suo pensiero dalla bacheca facebook. «Pensi veramente che il problema sia Magorno?», chiede un utente nei commenti. La risposta è lapidaria: «Sì».
In fondo Magorno è cosciente del disastro che ha combinato e in queste ore chiama a raffica i “suoi” chiedendo il voto con annessa preghiera: «Vi chiedo uno sforzo, vi chiedo per piacere di votare Pd e di farlo votare, evitiamo almeno una figuraccia». Ma siccome come comunicatore è anche peggio che politico, nel contempo continua a inanellare una serie di autogol che accrescono costantemente il dissenso e la sfiducia nei suoi confronti.
Se solo una settimana fa aveva costretto il compagno di partito e consigliere regionale Giuseppe Aieta a denunciare addirittura “minacce scomposte” da parte sua (clicca qui per leggere l’articolo), ieri l’ha combinata ancora più grossa. Talmente grossa che gli si sta ritorcendo contro come un boomerang.
Tutto ha avuto inizio con un vigile urbano in servizio a Diamante che pubblica una innocentissima foto che ritrae una mano che vota il simbolo del Pd incastrata in una ghigliottina. Un modo come un altro per esprimere il proprio disappunto, un modo innocuo per dire che chi vota Pd meriterebbe di perdere la mano. L’hanno condiviso in migliaia e nessuno di loro è un serial killer. Oltretutto in queste ore di link ne stanno circolando di ogni genere e su qualunque forza politica.
Invece Magorno ha pensato bene di ripristinare l’ordine, a modo suo, e passare alle intimidazioni. Siccome si stratta di un vigile urbano della sua Repubblica (clicca qui per leggere l’articolo) non ha digerito l’affronto e nientepopodimenoche ha inviato foto e lettera al Prefetto e al procuratore Pierpaolo Bruni dicendo che si tratta di “un episodio emblematico del clima di inquietante e preoccupante tensione sociale che sta caratterizzando l’attuale campagna elettorale e che potrebbe mettere a serio rischio la stessa tenuta democratica delle istituzioni”. E ancora: “Un atto grave che oltre a testimoniare e a fomentare pericolosi sentimenti di odio politico, che nulla hanno a che fare con il confronto democratico, rappresenta un’istigazione alla violenza da non sottovalutare e su cui sollecito un intervento, affinché ciascuno per le proprie competenze assuma in merito, tutti i dovuti e necessari provvedimenti”.
Cioè, un componente parlamentare della commissione antimafia che non ha proferito parola, mai, per tutti gli episodi veramente inquietanti accaduti sull’alto Tirreno cosentino in questi anni, tanti da scriverci un libro, definisce “inquietante” la condivisione di un link del tutto innocuo.
A dire il vero, a molti è parso più inquietante l’episodio con cui il direttore del Corriere della Calabria, Paolo Pollichieni, rivelava un anno e mezzo fa un’intercettazione (quella sì veramente inquietante), secondo cui un parlamentare del Pd (la cui circostanze rimandavano ipoteticamente a Magorno), si vantava di far parte del clan del sanguinario boss cetrarese Franco Muto e di aver bruciato il santino per affiliarsi. Inquietante è il fatto che un deputato della Repubblica italiana non si sia mai pronunciato in merito, inquietante è il fatto che non abbia mai smentito la circostanza, inquietante è il silenzio del suo partito, inquietante è che il titolare dell’inchiesta della Dda, presieduta all’epoca da Pierpaolo Bruni, sia stato “promosso” a procuratore della Repubblica di Paola. Inquietante è il fatto che il nuovo procuratore capo della dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, non solo non abbia mai dato seguito all’inchiesta, chiunque sia il politico in questione, ma che sia diventato ospite fisso della manifestazione magornina “Festival del peperoncino”, la sagra paesana pagata a peso d’oro dalla Regione Calabria, l’evento “culturale” che si propone di apportare sviluppo al territorio grazie, ad esempio, anche a Belen Rodrguez e al cinema a luci rosse.
Questo è inquietante. E speriamo che il prefetto e il procuratore Bruni prendano atto anche di ciò e non solo del viscido tentativo di intimidazione nei confronti di un libero cittadino.
Per chi ha memoria corta e un po’ le idee confuse, riproponiamo l’articolo del direttore Pollichieni: L’autogol di Aieta e quel parlamentare Pd “a braccetto” con Muto e anche uno della redazione Iacchite’ Politiche 2018, la parabola “mafiosa” di don Ernesto Magorno.
Ad ogni modo, come al solito Magorno si è dato la zappa sui piedi da solo. Giuseppe Savarese, leader del movimento consiliare “Diamante Futura”, ha inoltrato alla stampa una nota infuocata, in cui, tra le altre cose, si legge: “È veramente un’azione di basso livello democratico , morale e civile quella messa in atto da Magorno! Il ritenere che un cittadino , solo perché fà il vigile, non possa esprimere la propria posizione politica, condividendo una raffigurazione satirica che altro non significa : “dovrebbero tagliare la mano a chi vota PD”, fà capire a che punto di disperazione è arrivato la massima espressione politica del PD Calabrese. La maggior parte dei cittadini di Diamante e molti appartenenti allo stesso PD adamantino la pensano nello stesso modo del vigile che ha condiviso il link di cui l’Onorevole chiede l’incriminazione, ma è necessario evidenziare che il vero messaggio non è rivolto al partito , bensì all’uomo Ernesto Magorno candidato del PD al Senato”.
E a Diamante è già bufera.