Dall'ostello di Bonifati al porto di Diamante: le opere abbandonate e gli affari sballati dei fratelli Santoro

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di Francesco Cirillo
 
Due fratelli legati dagli affari, entrambi ben conosciuti nella jet-society cosentina, uno Giorgio, avvocato vicino agli ambienti della massoneria, l’altro Graziano, farmacista ben addentrato nei trasversalismi della politica calabrese. Entrambi bravi nel ricevere appalti e gestire opere pubbliche e non, entrambi legati da un unico destino: quello di essere prenditori e poi abbandonare.
Cominciamo da Giorgio e dei suoi affari in quel di Bonifati. Doveva essere l’albergo dei poveri, o dei giovani, o del sociale. Ed invece è diventato un albergo a cinque stelle da 350 euro a notte. Si tratta di una struttura che ha ospitato una fortezza del secolo XII fino al secolo XVII, allorquando vi si insediarono i Frati Minimi provenienti dal Santuario di Paola. Un eremo del francescano diventato un eremo del Duca. I finanziamenti erano destinanti a trasformare questo vecchio convento in un ostello della gioventù. Era scritto a chiare lettere nel bando di concorso al quale partecipò una sola ditta, quella della Gosad, dell’avvocato Giorgio Santoro. La struttura conventuale ottenne diversi finanziamenti, da quelli giubilari a quelli della Regione ma tutti finalizzati alla trasformazione in “ostello della gioventù”. Il progetto esecutivo venne approvato dalla giunta municipale nel 1998, per un importo complessivo di 3 miliardi e 200 milioni di vecchie lire. Un finanziamento riguardante il piano degli interventi di interesse nazionale relativi a percorsi giubilari e di pellegrinaggio in località fuori dal Lazio. Nel citato piano venne inserito il progetto presentato dall’amministrazione comunale allora guidata dal sindaco Carmela Sanguedolce, che prevedeva il recupero e restauro (2° lotto) dell’ex convento San Francesco da trasformare in ostello di accoglienza per turismo sociale. La struttura inoltre ottenne un finanziamento dalla Regione Calabria perché fosse trasformata in ostello della gioventù ed il Comune con bando apparso sul BUR  del 12.10.2001 appalta la gestione dell’opera finita.
Nel bando si legge chiaramente la finalità alla quale doveva essere destinata la struttura : “Avviso pubblico per la scelta di una società cui affidare in concessione la gestione dell’ex Convento S. Francesco trasformato in ostello della gioventù.” Questo il titolo del bando. Ed al punto 2 sulla procedura di aggiudicazione si legge : “Procedura negoziata di evidenza pubblica per la scelta di una Società cui affidare la gestione dell’ex Convento di san Francesco trasformato in Ostello della gioventù “.
La società vincitrice avrebbe dovuto tenere fede all’utilizzo della struttura o no? I  lavori vennero progettati e diretti, per tutta la durata, dall’architetto Ignazio Bruni e Giuliana De Buono, mentre l’ingegnere capo dei lavori era Egidio Pastore. I predetti  lavori vennero appaltati da un’impresa di Lamezia Terme. Durante il corso dei lavori venne redatta una perizia di variante, per adeguarsi a delle prescrizioni dettate dai vigili del fuoco e della soprintendenza ai beni ambientali e storici di Cosenza. I lavori di recupero sono stati oggetto a critiche, in quanto molti cittadini e le associazioni ambientaliste volevano che parte della struttura non dovesse essere modificata, chiedendo di salvaguardare quanto più possibile la costruzione antica. Comunque i lavori, senza alcun intoppo, vennero ultimati a fine dicembre 1999.
La giunta comunale – nel 2000 – con proprio atto incaricò un tecnico locale per il collaudo dei lavori eseguiti. Il professionista incaricato, dopo un controllo dei lavori, riscontrò la corrispondenza metrica, qualitativa e quantitativa con i dati contrattuali. Quindi, lavori che a parere del collaudatore vennero “eseguiti a regola d’arte ,con buoni materiali ed idonei magisteri”. Anche la direzione dei lavori e l’impresa assicurarono la perfetta corrispondenza tra le condizioni stabilite ed i lavori eseguiti.
La giunta nei primi mesi del 2001 approvò gli atti di collaudo. Quindi tutti i lavori vennero eseguiti correttamente con materiale idoneo. A distanza di pochi anni, tuttavia, ecco il crollo di parte del tetto. L’hotel del Duca venne inaugurato nell’agosto del 2003 ed è stato perfettamente funzionante fino all’estate 2007. Nel contratto di locazione stipulato nel 2002 fra il sindaco pro tempore Giuseppe Cristofaro e la GOSAD di Giorgio Santoro, in premessa si scriveva chiaramente “di dare in gestione l’ex Convento San Francesco trasformato in ostello della gioventù “.
Ma di questa mancata trasformazione sembra che non si sia preoccupata minimamente la commissione di controllo mandata a Bonifati  l’11 marzo del 2008 dalla Commissione Europea (Ufficio Europeo per la lotta antifrode) che all’allora sindaco Antonio Goffredi, parente del proprietario dell’Hotel Eremo Del Duca, ha richiesto solo la documentazione inerente il progetto ed in particolare “all’analisi della documentazione del primo lotto relativo al finanziamento per un ammontare di Lire 2.000.000.000 (2 MILIARDI, NDR) ottenuto dal Comune di Bonifati ed erogato ai sensi della legge 64/86”,  e la documentazione  del secondo lotto erogato sempre dal Comune di Bonifati ai sensi della legge 270/98. L’Hotel ha funzionato fino a qualche anno fa e misteriosamente chiuso senza alcuna apparente giustificazione. Il comune intanto non ha ancora richiesto l’immobile fra i beni comunali , evidentemente per l’affitto irrisorio di 1500 euro al mese, la struttura è tenuta ben stretta dal concessionario Santoro. Ma il Sindaco, non ha potuto fare a meno, dopo la mia denuncia sulla chiusura dell’Hotel, di mandare un conto salatissimo di affitti arretrati non pagati di 140 mila euro. Insomma non solo non hanno rispettato la destinazione d’uso dell’immobile ma addirittura non hanno neanche pagato una solo euro al Comune al quale è stato sottratto con l’inganno e le solite “amicizie” un bene comune che avrebbe portato sviluppo turistico ad un paese come Bonifati. E non finisce qui, c’è anche una condanna da parte del TAR Calabria che pende sul Comune di Bonifati . La sentenza dice che la ristrutturazione dell’immobile era illegittima, e che di conseguenza la proprietaria Nicoletta Spizzirri deve essere risarcita con una “congrua somma a titolo di risarcimento del danno secondo i criteri individuati dal comma 11 della parte motiva”. Insomma per i cittadini di Bonifati al danno la beffa.
 


 
 
L’altro fratello di Giorgio si chiama Graziano ed è ben conosciuto agli onori della cronaca per la mancata realizzazione del porto di Diamante. Anche in questo caso, l’appalto di costruzione e gestione del porto di Diamante gli cadde dal cielo grazie alle sue amicizie politiche del tempo. Siamo nel 1999, ed il potente di turno si chiama Nicola Adamo, assessore regionale ai lavori pubblici della Giunta del presidente Meduri. Santoro crea una società nautica, da farmacista esperto qual è, e vince l’appalto sottraendolo ad affermate ditte Nautiche come la Nautica de Maria di Diamante che sicuramente lo avrebbero realizzato e ben gestito così come fanno con altri porti del Tirreno.
Ma la Calabria funziona così, anche senza soldi basta avere le amicizie giuste ed il gioco è fatto. Ma i fatti dove sono? Dov’è il porto? Dove sono le barche, gli yacth, i posti di lavoro promessi?
A distanza di 18 anni esiste solo una grande discarica a cielo aperto fatta di massi, erbacce, grosse pietre, detriti di magazzini distrutti, e incombe su tutto un’udienza di omologa del concordato (causa di fallimento) per Graziano Santoro di oltre 20 milioni di euro, udienza che si è svolta  il 18 aprile scorso e del quale esito nessuno ha notizia.
Il Santoro a copertura del debito ha posto varie pezze, fra queste anche il porto di Diamante che varrebbe circa 10 milioni di euro! Lo stesso valore che ha usato per ottenere dal Banco dei Paschi di Siena un prestito di ben 5 milioni di euro. Insomma il Santoro è in un vorticoso giro di soldi, buon per lui, ma resta un paese senza un’opera pubblica sulla quale le tre amministrazioni che si sono succedute in questi 18 anni avevano creduto.
Ma le cose adesso sono cambiate. L’amministrazione Sollazzo non ne vuole sapere più di questa attesa e di queste lungaggini burocratiche e supportato da un Movimento popolare costituitosi ad hoc sta tempestando di delibere, telegrammi, fax, la Giunta Oliverio che evidentemente ha altro da fare che occuparsi delle problematiche di un paese come Diamante. Forse se ne ricorderà quando ci saranno le elezioni regionali.