Ospedale di Praia: reparto non riapre, medici costretti a trasferire farmaci altrove

I medicinali erano arrivati con l'annuncio della riapertura del reparto di medicina, che in realtà non è mai avvenuta. Per evitare il deterioramento, alcuni medici hanno deciso di spedirli laddove ce n'è realmente bisogno

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Ospedale di Praia: reparto non riapre, medici costretti a trasferire farmaci altrove

“In merito all’oggetto (Fabbisogno farmaci e dispositivi medici per U.o.c. di medicina e lungodegenza P.O. di Praia a Mare, ndr) essendo da più tempo, e come già trasmesso ai destinatari in indirizzo, completa la programmazione dei fabbisogni di beni farmaceutici richiesti dal Direttore Uoc di Medicina Luciano Tramontano, si comunica che a tutt’oggi non essendo operativa l’unità operativa di Medicina nel presidio ospedaliero di Praia a Mare, si provvederà alla movimentazione di essi presso altri magazzini farmaceutici aziendali al fine di garantirne l’utilizzo prima del deterioramento e quindi la perdita”. Questo il contenuto della missiva spedita qualche giorno da un medico operante presso la struttura sanitaria praiese ai vertici della sanità cosentina.

Poche semplici parole che confermano tutto ciò che è stato detto sulla storia (vergognosa) della finta riapertura dell’ospedale della città dell’isola Dino. Ma per comprendere quanto scritto nella lettera di cui sopra, è necessario andare per ordine.

I tagli alla sanità impongono la chiusura dell’ospedale civile di Praia a Mare, che avviene il 1° aprile del 2012. Ma i sindaci di Praia e Tortora fanno ricorso alla magistratura e pur incassando una sconfitta al Tar Calabria ottengono una triplice vittoria al Consiglio di Stato. La prima sentenza che ordina la riapertura del nosocomio è del maggio 2014, ma la sanità è un pozzo senza fondo di voti, soldi e potere e pertanto a nessuno viene in mente di dare seguito alla sentenza perché la classe politica nel 2014 ha altre priorità e in fondo non manda giù che a riaprire un ospedale sia una sentenza e non la mano “divina” del potente di turno. Così l’occasione per sfoggiare numeri da illusionisti navigati si presenta in occasione della campagna elettorale per le politiche 2018, quando in concomitanza arrivano altre due sentenze della III sezione del Consiglio di Stato: l’ospedale di Praia a Mare deve riaprire.

Ma l’occasione è troppo ghiotta e flotte di politicanti di ogni fazione cominciano il via vai dalla struttura, quotidianamente, ingannando i cittadini come possono. Tra manifesti falsi come una banconota da tre euro e comizi degni del peggior Cetto Laqualunque, l’ipocrisia politichese culmina con una messinscena storica il 3 novembre 2017, giorno in cui gli affamati di consensi, alla presenza di decine di malati di protagonismo e migliaia di ignari cittadini, si riversano nel piazzale della struttura sanitaria praiese a inaugurare il nulla.

Nelle settimane precedenti le elezioni del 4 marzo accade di tutto: cambia illegittimamente il direttore del distretto, sulle carte viene “aperto il reparto di medicina”, anche se nella non ci sono nemmeno i letti, e chiaramente viene nominato il primario del reparto, il dott. Luciano Tramontano, anche se contemporaneamente dallo stesso direttore generale dell’Asp affida a Tramontano altri ruoli di responsabilità in altre strutture del Cosentino. In una regione normale, dove i magistrati fanno solo i magistrati, sarebbe finito tutto in una bella inchiesta, invece siamo in Calabria e ognuno fa quel che gli pare fino a quando ti curi il tuo orticello e non metti piedi negli orti altrui. E non sposti gli equilibri politici.

Fatto sta che al Capt di Praia i farmaci che solitamente si trovano in un reparto di medicina, vero e funzionante, arrivano davvero, ma qui niente è come sembra e il reparto esiste solo nella fantasia di qualche bontempone. I medicinali rischiano di andare a male, mentre in altre strutture mancano. Qualcuno di coscienza due domande se le fa, non come la magistratura calabrese, e le risposte gli suggeriscono che quei farmaci devono essere trasferiti laddove servono, non lasciati a marcire in un reparto che non esiste di un ospedale che non c’è.

Di qui la lettera e quindi l’ennesima prova di una vergognosa gestione della sanità calabrese.

di Francesca Lagatta

 

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