Aggressione ai giornalisti, la proposta di Antonio Crispino per contrastare il fenomeno

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Aggressione ai giornalisti, la proposta di Antonio Crispino per contrastare il fenomeno

(Nella foto, Antonio Crispino. Fonte foto: dal web)

Quello che è accaduto a Daniele Piervincenzi a Ostia è esattamente ciò che accade in ogni angolo di Italia, ogni giorni, ai giornalisti di strada. Solo che i più non lavorano per la tv di Stato e pertanto aggressioni più o meno gravi passano del tutto inosservate, inasprite da quegli stipendi da fame e senza contratto, e magari dalle spese legale da accollarsi quando gli editori se ne lavano le mani. Motivo per cui molto spesso si rinuncia ad avere giustizia. E non chiama nemmeno Piero Grasso per mostrarti vicinanza, magari ti chiamano amici e famigliari per dirti che è pericoloso e devi smettere, come ti hanno sempre detto, e che magari te la sei pure andata a cercare.
Ma chi questo lavoro lo fa e conosce la sua insostituibile funzione sociale, non è affatto d’accordo al rinunciarvi. Anzi, c’è chi rimurgina su certe episodi, perché forse c’è già passato o passato o perché immagina che domani possa capita a lui, e avanza qualche proposta per provare a contrastare il fenomeno.
Tra le tante lette sul web nelle scorse ore dopo i fatti di Ostia, quella di Antonio Crispino, pluripremiato collaboratore de Il Corriere della Sera e cronista di razza, sembra convincere più di tutte. «Da tempo sostengo che si deve equiparare il giornalista a un pubblico ufficiale e estendere la tutela dell’art 337 del codice penale a chi viene aggredito applicando pene fino a cinque anni – dichiara il giornalista napoletano -. Se non esattamente così (per cavilli che solo i burocrati saprebbero trovare) allora qualcosa di molto simile. Sarebbe un atto di coraggio, una testimonianza forte che si vuole impedire questo schifo e garantire il diritto all’informazione del cittadino. Tutto il resto sono chiacchiere, passa il tempo e la gente si abitua a noi che veniamo menati, quasi fossimo dei bambolotti di plastica, parte dello show».
E in ultimo: «Il collega di Nemo è stato fortunato, perché era in compagnia del cameraman, gli è servito per sviare l’attenzione su di sé. Immaginate cosa sarebbe successo se fosse andato lì da solo. E in tanti ci vanno».
Cosa dobbiamo ancora aspettare prima di tutelare una volta e per tutte la categoria?

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