Cosenza: la tragica fine di Marco, clochard gentile, forse ucciso da un pugno

Marco, fisico alto, dai lunghi baffi e dai capelli folti, è stato ritrovato a terra, in una delle tante aiuole della Villa Nuova

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Cosenza: la tragica fine di Marco, clochard gentile, forse ucciso da un pugno

Una vita, perennemente, in bilico. Tra la speranza di sopravvivere e la voglia di rialzarsi. Era questa la quotidianità di Marco, uno dei tanti “invisibili” della città di Cosenza, morto all’ospedale dell’Annunziata, devastato dalle tante ferite di una caduta che, di accidentale aveva e ha ben poco poco. Marco, polacco di nascita, giramondo per condizione di disagio, cosentino per l’affetto regalatogli da tanti altri “invisibili” e da quei tanti volontari “misericordiosi” che si prendono cura degli ultimi, è stato ucciso, non dall’alcol, non dalla fame, né dalla sete, men che meno dalla solitudine ma, da un pugno, assestatogli, probabilmente, da un suo connazionale. Un pugno, forse una spinta che l’hanno fatto crollare a terra, facendogli perdere i sensi.

 

Marco, fisico alto, dai lunghi baffi e dai capelli folti, è stato ritrovato a terra, in una delle tante aiuole della Villa Nuova. Una di quelle tante aree della nostra città che, di giorno, sembrano perimetri di normalità ma, quando subentra la notte, si trasformano, diventando avamposti d'”inferno”. Diventando terre e territori di nessuno, dominati da spacciatori, trans, drogati, disperati. E, quel pugno a Marco, secondo quello che sta emergendo dai racconti di chi ha visto o ha sentito qualcosa, è stato sferrato da un “demone”. Probabilmente un altro polacco che, sfrutta, minaccia, terrorizza e specula, su altri disperati.

Questi racconti, ora al vaglio dei carabinieri della stazione di Cosenza Principale, potrebbero far emergere la verità. O tante altre storie, nascoste. Marco, soccorso da un’equipe del 118, era stato trasportato in ospedale. Le sue condizioni di salute, erano apparse subito gravi. Le tante, troppe ferite riportate ne avevano, ulteriormente, indebolito un corpo già provato dalla miseria, dalla solitudine, dall’abbandono.

Marco, nonostante la sua condizione di ultimo, di disperato, non era un “invisibile”. No, non lo era. Non lo era, perché il suo sorriso genuino e generoso era la sua carta d’identità. Non si sa nulla della sua età ma, Marco era più simile ad un “Angelo” che ad un “diavolo”. E, gli angeli, si sa sono senza età. Marco era buono. Lui, divideva tutto con gli altri: le sigarette, il vino, un tozzo di pane. E, quando non aveva più nulla da offrire regalava un sorriso. Quel suo gesto, sincero, spontaneo, altruista valeva come è più di una ricchezza. Perché, spesso, gli “ultimi”, i “disperati”, offrono la parte migliore: l’anima. E, quella di Marco, era davvero bella. Buon viaggio amico mio.

Font: COSENZA INFORMA

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