Presa a bastonate e gettata tra i rifiuti, Primula non ce l’ha fatta: succede ancora in Calabria

È morta la cagnolina trovata ai margini di una strada a Serra San Bruno dai volontari. Fonte foto: LAC News 24

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Presa a bastonate e gettata tra i rifiuti, Primula non ce l’ha fatta: succede ancora in Calabria

«Primula. Hanno scelto per lei un nome che evocasse la delicatezza dei fiori mentre sbocciano al tiepido calore dei raggi del sole. Quel calore che lei ha conosciuto solo prima di spirare mentre si tentava invano di tenerla in vita. È l’ennesimo caso di maltrattamenti e violenze ai danni di animali domestici. Questa volta, nessun lieto fine. Per la cucciola di sei mesi presa a bastonate e lasciata morente ai margini della strada, a Serra San Bruno, non c’ è stato nulla fare». La racconta così Giudi D’Angelo, sul quotidiano on line LaC News 24, la drammatica storia dello «scricciolo bianco», così lo definisce la cronista, gettata tra i rifiuti e lasciata morire di agonia.

«Ormai in fin di vita, assediato dai parassiti – è scritto ancora sul sito, era stato segnalato da alcuni cittadini. Giaceva tra i rifiuti in località Scorciatina. I volontari sono intervenuti, hanno sollecitato l’intervento dei soccorsi e delle istituzioni. E’ stata Serena Voci della Lega del cane di Soverato a fare il passo decisivo prendendola in affido e predisponendo le cure. Quindi il trasporto nella perla dello Ionio ad opera dei volontari e la corsa nella clinica veterinaria di Francesco Sinopoli. Ma il trauma cranico provocato dalle violenze, fa sprofondare Primula in coma. Non si sveglierà più. La notizia del ritrovamento della cucciola, così come l’ intera vicenda è stata documentata sui social».

Fonte foto: LaC News 24

L’uccisione del cane Primula rimanda all’omicidio del cane Angelo, il quattro zampe barbaramente torturato, finito con una mazza e poi impiccato a un albero a Sangineto, nel Cosentino, nel giugno del 2016. Secondo la ricostruzione ufficiale due dei quattro giovani indagati per la vicenda hanno usato violenza sul cane, mentre gli altri due riprendevano le torture con il cellulare. Il video, una volta finito in rete, ha suscitato un clamore mediatico tale da far diventare Angelo il cane simbolo in Italia contro i reati di violenza sugli animali. Nel primo grado del processo i giovani sono stati condannati a un anno e 4 mesi ciascuno. Per loro, assenti nel momento della sentenza, è stata prevista però la sospensione della pena, subordinata all’esecuzione di sei mesi di lavori di pubblica utilità presso associazioni a tutela degli animali, con l’aggiunta di un risarcimento di duemila euro a ciascuna delle venti associazioni animaliste costituitesi parte civile nel processo. Il giudice monocratico del Tribunale di Paola, Alfredo Cosenza, ha inflitto il massimo della pena prevista, accogliendo la richiesta della pubblica accusa.

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