SCOMPARSI, DOVE FINISCONO LE PERSONE CHE NON TORNANO PIÙ?

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Pubblicato su Alganews il 6 novembre 2013, di Francesca Lagatta

NEGLI ULTIMI 40 ANNI GLI SCOMPARSI MAI PIÙ RITROVATI SONO 25.229, PIÙ DI UN TERZO SONO BAMBINI

A quanti di voi è capitato di chiedersi dove vanno le persone che spariscono nel nulla? E come fanno a far perdere le proprie tracce nell’era della privacy violata, dei telefonini dotati di gps e dei social network che diffondono le notizie alla velocità della luce? Possibile, poi, che nessuna delle immagini impresse su una delle telecamere sparse per il mondo, riesca a rintracciare queste persone? E sopratutto perché, cosa spinge a questi allontanamenti apparentemente senza ragioni?

Lasciando il tempo che trova all’ipotesi preferita del web che spiegherebbe l’agghiacciante fenomeno come frutto di rapimenti alieni, proveremo a dare una spiegazione plausibile e sicuramente più vicina alla realtà.

Gli scomparsi in Italia, dal ’74 ad oggi, sono 25.229. Sono da considerarsi tali quelle persone che si allontanano per più di ventiquattro ore dal domicilio abituale e risultano irrintracciabili. Il fenomeno, purtroppo in crescita, ha avuto un netto contrasto negli ultimi anni grazie ai nuovi metodi di indagine e sofisticati strumenti di ultima generazione. Un grande merito va anche a giornalisti e mass media che, molto spesso, hanno saputo dare una svolta al corso degli eventi. In principio fu il programma “Chi l’ha visto?”, che dal 1989 e per tutta la sua messa in onda, si è reso partecipe di un cospicuo numero di ritrovamenti.

A tal proposito, preme segnalare che nel corso degli anni le denunce di persone scomparse e poi ritrovate sono state 65.858. Gli inquirenti sanno bene che le ore successive all’allontanamento, volontario o involontario che sia, sono cruciali per il lieto fine. Nelle prime ore le indagini sono circoscritte nei pressi del luogo della scomparsa. Più le ore passano, più le indagini hanno bisogno di nuove piste e nuovi orizzonti da esplorare.

I motivi degli allontanamenti sono molteplici: può essere un sequestro, la paura di un abuso, un trauma personale o sociale, il volersi o doversi rifare una nuova identità, un decesso in seguito a trauma, incidente o suicidio, un decesso per cause naturali, perdita di memoria o patologie mentali che compromettono il ritorno a casa. Delle oltre venticinquemila persone che ad oggi risultano scomparse, quasi diecimila sono bambini che nella maggior parte dei casi, se non finiscono nelle mani di trafficanti di organi, vengono sequestrati. Cresciuti e tenuti nascosti da quelle “adottive”, una volta divenuti grandi non sanno neppure di non appartenere a quella famiglia, per cui, non conoscendo le proprie origini, il ricongiungimento alla famiglia biologica risulta impossibile. Gli altri quasi quindicimila, invece, sono stranieri. Di questo numero, bisogna considerare un’alta percentuale di coloro che emigrano clandestinamente in altri Paesi; altri invece risultano essere deceduti e non riconosciuti in nessuno degli ottocento corpi senza vita custoditi nei vari obitori italiani che ad oggi risultano agli atti.

Una giovanissima Ylenia Carrisi abbracciata al papà Al Bano

E gli altri? Quei casi che ci hanno appassionato e che ci hanno tenuto col fiato sospeso senza mai arrivare a una svolta? Un’alta percentuale va sicuramente nella voce suicidi, del cui cadavere però non se ne troverà mai traccia. Mari, fiumi, dirupi sono quei posti, ad esempio, nei quali difficilmente col passare del tempo si ritrovano tracce che riconducano a un nome e un cognome. Tra putrefazioni, folte vegetazioni e carnivori affamati, c’è ben poco da sperare. Pensiamo, ad esempio, a Sarah Scazzi. Se Michele Misseri non avesse confessato, difficilmente si ne sarebbe trovato il corpo. Pensiamo al triste epilogo di Ilenia Carrisi, che, secondo l’unico testimone, si sarebbe gettata nelle acque del Mississipi e che non è mai stata più ritrovata. Nonostante ciò, per diciannove anni risultava scomparsa, fino a che papà Al Bano ha presentato richiesta per morte presunta, solo pochi mesi fa.

Non dimentichiamo, poi, una notevole quantità di corpi murati, sciolti nell’acido, fatti a pezzi da chi dice di volerli ritrovare. Gente che ha visto troppo, mogli insopportabili, amanti scomode, giovani finiti in giri loschi, la cronaca nera ci ha raccontato di tutto. Ecco perché neppure l’inesorabile scorrere del tempo riesce, a volte, a riportare alla luce la verità su queste tristi vicende.

Un adepto durante un rito delle sette

Poi c’è un altro aspetto, una realtà che va via via consolidandosi sempre più, e quella delle sette. Queste sono delle confraternite, delle vere e proprie società alternative, segrete e non, che hanno al loro interno delle regole rigide e gradi di gerarchie ferree che hanno su un soggetto una forza di coercizione devastante. In Italia attualmente se ne contano circa ottomila, e gli adepti (così vengono chiamati coloro i quali ne fanno parte) sarebbero circa 250.000. Il condizionale è d’obbligo se si calcola che in molte di queste sette, parliamo chiaramente di casi estremi, viene chiesto l’allontanamento dalle famiglie, dalla vita reale e addirittura il cambio di identità. Ci sono anche casi in cui l’adepto conduce una doppia vita.

Quelle più pericolose e sicuramente più conosciute dalla cronaca nera sono le sette sataniche. Sono le più segrete, alle quali molti appartengono senza mai destare sospetti e quindi quasi mai riconducibili a un’improvvisa sparizione. Sono quelle in cui finiscono, per sempre, ragazzi strappati con l’inganno alla propria vita e bambini usati come “sacrifici” al Maligno. Ma tante altre non sono da meno. Il panorama nazionale di alcune sette, soprattutto quelle religiose, mette i brividi. E sono, secondo me, la chiave di tanti gialli irrisolti. Cercate lì, nei meandri della debolezza e della stoltezza umana, dove tanti, troppi giovani cadono vittime di loro stessi.