«Non mi indagano perché sono protetto dalla magistratura»

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Quante volte avete sentito qualcuno dire: «quello lì non lo prendono perché è protetto dalla magistratura?». Decine, forse centinaia di volte. Spesso sono solo supposizioni, mere illazioni, altre volte – come ci ha raccontato la cronaca, soprattutto di recente – la protezione dei magistrati è un fatto reale, concreto che inquina non solo gli uffici della giustizia ma la società tutta, ad ogni latitudine.

Nella Calabria dei fitti misteri e delle cose dette e fatte a metà, c’è qualcuno che lo dice di se stesso e se ne vanta in giro, che trasforma una frase insulsa, ripugnante e irrispettosa in quella che a tratti sembra una velata minaccia per i suoi interlocutori, come a dire: «Io ho amici che contano, nelle procure che contano, e tutto vi si potrebbe ritorcere contro».

Ovviamente, tra il dire e il fare c’è di mezzo il lavoro di decine di magistrati con la schiena dritta, che non accettano compromessi e lavorano secondo legge, e per il personaggio in questione, purtroppo solo uno dei tanti lestofanti che animano la scena pubblica e privata calabrese, le cose sono si mettono davvero male.

Il personaggio è noto in tutti gli ambienti, da Reggio Calabria a Tortora, da Trebisacce a Motta San Giovanni, è in politica, nell’associazionismo, ha le mani in pasta ovunque, e gestisce affari pubblici e privati. A detta dei suoi colleghi, che lo denunciano ripetutamente da anni, seppur finora a vuoto, costui non è che una pedina messa lì a rappresentare la solita massoneria deviata della peggiore Calabria, ricoperto di soldi e favori per il suo “contributo” alla causa.

Su codesto personaggio non gravano solo ombre, chiacchiericci, ipotesi fantasiose da parte di qualche livoroso detrattore, ma prove schiaccianti, raccolte in quintali di faldoni, che dimostrano ripetuti abusi, imbrogli, operazioni fittizie, che mai nella sua lunga e sfavillante carriera prima d’ora hanno destato sospetti negli organi inquirenti.

Almeno non in maniera ufficiale e non fino a qualche mese fa. Perché il soggetto, che noi chiameremo di qui in avanti “mister x“, ha ormai ben poco da ridere e farsi beffa degli ignari cittadini e colleghi. Il fuoco incrociato che soffia sulla magistratura calabrese ha incendiato gli animi di altri magistrati, i quali da un paio d’anni stanno cercando di sbrogliare una matassa assai più ingarbugliata di quel che si dice in giro. Le fiamme hanno fatto luce in quei cassetti rimasti per troppo al buio. Alcuni erano chiusi con la colla.

La storia è sempre la stessa. Siamo nel settore della sanità, quella che, pare pure superfluo scriverlo, va a braccetto con la politica, siamo nel bel mezzo di quelle vicende alla ‘ndujua animate da uomini in giacca e cravatta che passano dalle Asp, arrivano fin dentro le mura della Regione, fanno una capatina a Palazzo Campanella e si fermano ai vertici delle principali società pubbliche e private, come se niente fosse. Come se nessuno vedesse niente. Come se nessuno si fosse mai accorto della sua presenza. Siamo nel bel mezzo di una storia fatta di soldi, piovuti a valanga, e misteri che somigliano più a un segreto di Pulcinella. Siamo, insomma, alle solite.

Qualche giorno fa ricevo una telefonata. Dall’altro capo c’è un uomo affranto, è l’ennesima persona che pone l’attenzione sulle “eroiche” gesta di “mister x” e al contempo mi chiede: «Sono anni che fornisco prove e denuncio tutto in procura, eppure non succede nulla. Che devo fare?». «Devi cambiare procura – gli ho risposto – e devi informare i magistrati di Salerno, competenti sui colleghi calabresi». «In effetti, ha sempre detto di godere di protezione». Ci risiamo. E’ l’ennesima dimostrazione che non si tratti solo di una leggenda.

La domanda è d’obbligo: c’è ancora qualche mela marcia nelle nostre procure? Certo che sì, come pure nel mondo del giornalismo e come in tutti gli altri settori. Ma da qualche tempo, grazie anche alle denunce di tanti, “mister x” deve aver perso ogni tutela, ammesso che ne avesse mai avuta una, e proprio per colpa di quegli amici di cui tanto si vanta, sui quali, a loro volta, taluni magistrati hanno già cominciato a sollevare il velo.

E’ solo questione di tempo, suggeriscono carte e indagini. La “guerra fra magistrati” ha messo tutti con le spalle al muro e da mesi ormai si gioca a carte scoperte. Le recenti inchieste, dalla politica alla ‘ndrangheta, passando per sanità e gli stessi palazzi di giustizia, dimostrano che adesso, in Calabria, nessuno è davvero “al sicuro”. Per “mister x” e quelli come lui sta per arrivare la resa dei conti. Parafrasando Nicola Gratteri, sta per suonare la campanella, un’altra volta, solo che la ricreazione durerà un po’ più dieci minuti.

 

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